Buddhismo Zen: La mia prima Sesshin a Scaramuccia (Settembre 2012)

Logo di Scaramuccia Bukkosan Zenshinji
Rotta verso Scaramuccia, il Tempio Zen (tradizione Lin Chi, in giapponese Rinzai).

Vado via dalla mia vita.
Vado via da Paolo: al Tempio non sono Paolo.
Non devo essere simpatico, socievole, attraente.
Non devo comportarmi in un modo prestabilito.
Al Tempio non sono un vecchio ragazzo, non sono un disoccupato o uno scrittore; non sono figlio dei miei genitori, non ho una sorella, non ho una fidanzata, non ho parenti e amici. 
Lassù posso essere. 
E basta.

La Sesshin è dura: gambe incrociate, zanzare e per me niente Sanzen (ricezione e soluzione dei Koan); due ore di sonno a terra, nello Zendo, con un sacco a pelo. 
La Sesshin è dura ma anche affascinante: meditazione camminata anche all'aperto, anche in piena notte. 
E poi il Maestro.
Un Maestro Zen non può che essere un'esperienza. Anzitutto perché ti stupisce sempre. E poi perché ricevi le sue parole in meditazione (Zazen), in uno stato di calma quasi ipnotica. E ti rimbombano dentro.

Engaku Taino non è un tipo appariscente, se non per la veste. E' diretto e vero, non parla come un erudito. E può accadere che all'inizio non impressioni molto.

Io soffro e gioisco della nottata, perdendomi infine nell'equanimità che viene fuori con prepotenza con la pratica più rigida, abbandonando quindi le etichette di gioia e sofferenza attaccate sulle sensazioni.

Il giorno seguente, quando mi appresto a lasciare il Tempio, comincio a sentir sbocciare gli insegnamenti del Maestro; il loro suono risveglia credenze già coltivate, già lette, che una volta erano parte di me più decisa (ultimamente ho attraversato una piccola "crisi spirituale").
Mi sento infilato dentro a una leggerezza senza parole, un vuoto caldo. 
Tutto è perfetto così com'è" ha ripetuto in vari modi Engaku durante la notte.
Allora per oggi posso evitare di sentirmi in colpa, evitare di sentire il peso delle cose che mi sembra che non siano per niente perfette o che non vadano bene, posso godere della meraviglia di non aver bisogno di cambiare me stesso, gli altri, o gli eventi. E con questa tranquillità equanime l'accettazione cresce: mi sento parte del mondo con i miei perfetti errori, le mie perfette sbavature, i miei perfetti difetti. E sento che tutto va bene, cade ogni conflitto.
E senza cambiare niente, solo con quest'amore paziente, è cambiato tutto, tutto è diventato esattamente perfetto, così com'è.

Paolo Ceccarini