Il nostro pensiero è quasi sempre inutile. Il Buddha contro le seghe mentali

Tempo fa ho letto un breve episodio della storia del Buddha storico. Raccontava di un uomo tormentato che chiese al risvegliato quale fosse il motivo dell'esistenza. Il Buddha gli suggerì di seguirlo, a patto di non fare più domande, dicendo che avrebbe chiesto egli stesso all'uomo di riproporre il suo problema dopo quattro anni. 
L'uomo accettò e divenne un discepolo.
L'illuminato, esattamente quattro anni dopo, domandò al discepolo quale fosse il suo quesito, ma egli non ne aveva più. L'uomo aveva smesso di farsi le seghe mentali.

Siamo abituati a dare importanza ai pensieri

Sempre. Guai se ce ne scappa uno.

Non siamo dei lombrichi, ci mancherebbe altro, dobbiamo usare la zucca, ma i nostri pensieri sono così importanti? Tutti quanti? 



La gente pensa che quando ci si siede in meditazione la mente si concentri facilmente acquietandosi, trovando il vuoto con facilità

Grosso errore

E’ molto più semplice, spesso, riuscire a non pensare mentre si fa qualcosa. Quando ci si siede e si sta fermi, infatti, nella nostra testa si alza il polverone: i pensieri volano a destra e a manca senza soluzione di continuità.


Sono veramente utili questi pensieri? Sovente durante una meditazione, si riconosce di essersi smarriti nel flusso di (in-)coscienza e di non ricordare neppure cosa si è immaginato, né il percorso che ci ha condotto all’ultimo dei pensieri. La mente li crea in automatico come la cistifellea produce la bile (diceva più o meno così, da qualche parte, lo psicologo-scrittore buddhista Giulio Cesare Giacobbe).
Il cervello è un organo e compie il suo dovere. Cos’altro dovrebbe fare? I pensieri incontrollati a ogni modo ci fanno soffrire: creano attaccamento, desiderio o repulsione. Sono quindi destabilizzanti e di fatto rinnovano la nostra tensione, riempiono di scorie l'inconscio.


Qual è l’utilità di una mente che scorrazza qua e là in preda alle associazioni? Esamina il percorso dei tuoi pensieri: quante volte sono razionali, lucidi concatenati o semplicemente voluti? In altre parole: quante volte sono solo rumore e quante altre sono riflessioni autentiche e lucide? Quasi tutti, ahimè, di fronte a tale indagine scoprono di avere un’attività mentale pressoché inutile.

Dove voglio arrivare con tutto questo bel discorso? Di certo non sto qui a dire che siamo degli sciocchi idioti. Anche se forse un po' lo penso. Però possiamo campare meglio con una mente diversa. E allora meditate gente, meditate. Fatelo sul serio!


PER OTTENERE LA SAGGEZZA BISOGNA ANDARE OLTRE.
La mente non arriva al suo apice nel momento del pensiero, ma può fare molto di più. Può raggiungere una conoscenza intuitiva, non discriminante e quindi paziente, colma di pace e accettazione. Alcuni buddhisti la chiamano non-mente. Si tratta di una mente profonda, in grado di trascendere i pensieri del momento, condizionati dalle situazioni e dagli umori. Il chiacchiericcio che ospitiamo è una parte molto superficiale, al di sotto c’è qualcosa di più grande, ma per accedere al tesoro che si cela dentro di noi, dobbiamo prendere il controllo del mezzo e lasciare che le nubi (le domande, la confusione, il dubbio) si diradino lasciando spazio al cielo (la chiarezza mentale).


QUANDO IL PENSIERO E' UTILE...
Dalai Lama, da meditare.it
Un pensiero ordinato e consapevole, ad esempio per i Buddhisti tibetani, può diventare il punto di forza di un individuo. Rappresenta un modo molto diverso di usare il cervello rispetto alle nostre pessime abitudini mentali. In questo caso la riflessione, associata alla presenza mentale, diventa meditazione.
Per non parlare delle meditazioni tantriche, fatte di immagini (sono o non sono pensieri?).

Oltre a questa particolare tradizione buddhista, una analoga riflessione contemplativa e razionale, è usata per combattere impedimenti come il dubbio (si pensi alla tradizione theravada, la più antica).

Paolo Ceccarini