Un monaco buddhista contro i mass media. La rivoluzione che nasce dalla mente

Il Buddhismo è una vera e propria rivoluzione
Non si tratta di diventare dei black bloc, ma di far pace con la nostra mente. Del resto l'azione, acquietata dall'addestramento buddhista, parte proprio dalla mente. Il Buddha la chiamava azione mentaleL'azione mentale si riflette sul mondo, quando è particolarmente forte, attraverso l'azione verbale e l'azione fisica. Insomma: dobbiamo interagire con le cose, persino i monaci devono farlo, eppure spesso nei libri sul Buddhismo mancano proprio delle dritte esplicitamente rivolte ai momenti del vivere sociale. In realtà non servono questi riferimenti: quando il lettore apprende la consapevolezza e dove conduce, è quella che dovrebbe abbracciare in ogni momento. Senza stare a chiedere. 
Ma il lettore di cui parlo è occidentale. 
Il lettore ha la testa di legno. 
Io ho la testa di legno. 
Nel libro che ho "recensito" (forse non si può recensire un libro del genere quindi ho messo le virgolette!) un po' di tempo fa, Il nobile ottuplice sentiero del monaco buddhista Bhikkhu Bodhi, c'è una riflessione sui mass media. E badate che al tempo della prima pubblicazione del testo, in Thailandia, correva l'anno 1984. In altre parole, quando il monaco scriveva, non c'era il World Wide Web.
Tanto per la cronaca, il libro si dovrebbe trovare ancora: in Italia è stato diffuso nel 1991.
La porzione di testo che voglio presentarvi, viene dalla parte nella quale il monaco espone la Retta parola, uno dei passi dell'Ottuplice sentiero. La Retta parola è costituita di quattro momenti: astensione dal dire il falso, astensione dalla parola divisiva, astensione dalla parola aspra e astensione dalla parola oziosa. I mass media vengono citati proprio nella spiegazione di quest'ultimo punto.

"L'interpretazione tradizionale vuole che l'astensione dalla parola oziosa riguardi solo la nostra diretta partecipazione. Oggi però sembra il caso di ampliare l'interpretazione, a causa di certe caratteristiche peculiari della nostra epoca, sconosciute al Buddha e agli antichi commentatori. Si tratta cioè di evitare di esporsi alle chiacchiere che ci bombardano senza soluzione di continuità dagli odierni mezzi di comunicazione. Evitare cioè quello schieramento di mezzi (radio, televisione, giornali, riviste scandalistiche, cinema) che vomitano un flusso ininterrotto di informazioni assolutamente futili e di intrattenimenti di pura evasione, che hanno il disastroso effetto di tenere la mente in uno stato passivo, vacuo e sterile. Queste conquiste della tecnica, ingenuamente accettate come "progresso", minacciano di ottundere la nostra sensibilità estetica e spirituale, e di renderci sordi al richiamo della vita contemplativa. Chi si incammini seriamente sul sentiero della liberazione deve essere molto cauto nei confronti di ciò a cui si espone. Scoprirà di avvantaggiarsi molto includendo tutti questi divertimenti e le informazioni futili nella categoria della parola oziosa, da cui si imporrà di astenersi."

Come dicevo prima di copiare lo stralcio del testo, ai tempi di questa dissertazione non c'era il WWW. E si era molto lontani dal suicidio neuronale dell'impiego senza limiti e intelligenza dei social networkNon si vuole condannare il web in nessuna forma perché è di indubbia utilità, ma al contempo ci rovina, ne facciamo un utilizzo compulsivo, ci domina. 

Un esempio di utilizzo NON INTELLIGENTE di Facebook.


Un po' ironicamente mi chiedo: cosa direbbe un buddha di fronte a Facebook?
Io me lo vedo a parlare di vuote chiacchiere, come Bhikkhu Bodhi, e anche di una sovrapproduzione di ego, anziché di superamento della dualità riconoscendo la vacuità del sé.
Vi lascio alla vostra meditazione sull'argomento e rimando a un post futuro questa pippa mentale su Facebook e il sé.

Paolo Ceccarini