Lamentarsi di Cioran Al Culmine della disperazione

Il giovane Emil Cioran soffre d'insonnia e la vita gli sembra insopportabile. In questo stato penoso, a soli ventidue anni, scrive Al culmine della disperazione, un'opera a metà tra filosofia e letteratura.
L'autore ammetterà più avanti che la stesura di questo volume lo ha salvato dal suicidio.

L'insonnia di Cioran
L'insonnia dà un impeto febbrile al pessimismo di Cioran e gli permette di firmare un'opera fortemente ispirata. Al culmine della disperazione, infatti, è un'estasi al contrario, più che un baratro sconfinato; è il teatro oscuro di un'angoscia esaltata, una sorta di godimento della sofferenza, come se fosse l'unico piacere possibile (e insostenibile).
Cioran scrive da artista, non da filosofo: il logos pacato del pensatore - che pondera e studia e infine redige - arde nelle fiamme della giovinezza e di un malessere che arriva dall'inconscio. Il Cioran di Al culmine della disperazione è un eroe romantico che sceglie di vivere nel vuoto assoluto, anziché fingere che là fuori ci sia qualcosa di sensato. (Un po' alla Kierkegaard, se vogliamo, nel binomio angoscia-libertà, ma con un'enfasi sulla disperazione.) Il nulla di Cioran, quindi, essendo un nulla romantico, non ci lascia depressi e raggelati, ma ci proietta nell'esperienza coraggiosa di colui che sperimenta, completamente e senza timore, la sofferenza dell'essere uomo in una realtà "cieca e irrazionale". L'eroe di Cioran non può che essere folle, perché la follia è l'unica risposta coerente al caos.

Immagine da Adelphi.it

Nel nichilismo idealizzato c'è spazio per l'eternità
Il nichilismo di Cioran, esagerato e povero di argomentazioni, trova una controparte altrettanto idealizzata nella possibilità di realizzare l'eternità. L'eternità diventa possibile nell'attimo, perché solo dilatando il qui e ora si annulla il fattore tempo.

"Occorre una lotta (...) contro il tempo affinché, una volta superato il miraggio della successione degli istanti, resti solo il vissuto esasperato dell'attimo, che proietta l'individuo direttamente nell'eterno" [p. 78 dell'edizione Adelphi]. 

Trascendere il tempo è un concetto interessante e insolitamente (considerando la matrice nichilista) costruttivo che rimanda alla filosofia orientale e al misticismo.


Un nichilismo spumeggiante: letteratura batte filosofia, e Cioran perde
Il tormento di Cioran è assolutamente vivo. Cosa c'è di più vivo e guizzante del tormento? Mi verrebbe da dire: pensate a Delitto e Castigo, che è permeato d'angoscia; non è pulsante e incontenibile come il sangue che scorre nel corpo umano? L'aspetto che rende l'opera così vivace è lo stile: Cioran scrive con una prosa lirica degna d'un poeta maledetto, trasmettendo al lettore la propria palpitante esperienza dell'inferno. Il pregio più grande dell'opera è la forma perfetta; per contro, il lirismo e il periodare aforistico smontano l'efficacia filosofica delle argomentazioni, di cui resta soprattutto la suggestione estetica. Letteratura batte filosofia, insomma, e Cioran il filosofo perde. L'attenuante? La giovane età.

Mi aspettavo (o desideravo?) un libro tetro, vacuo, d'un cinismo illetterato, ma la bellezza estetica ha rovinato tutto. Ma forse Cioran - ei fu - sarà contento di avermi deluso.

Paolo Ceccarini