Sylvia Plath, Daddy: il fantasma della dipendenza

"Ti seppellirono che avevo dieci anni.
A venti cercai di morire
e tornare, tornare, tornare da te."
(Daddy, Sylvia Plath)

La sera del 5 novembre 1940 Otto Plath muore per un'embolia polmonare.
Sylvia Plath è solo una bambina e per tutta la sua infanzia ha cercato invano l'approvazione del padre nel timore di non essere all'altezza delle sue aspettative. Sylvia aveva paura di essere abbandonata, e adesso l'incubo dell'assenza è diventato reale.

"C'è tuo padre morto, da qualche parte dentro di te, intessuto nel sistema cellulare del tuo lungo corpo germogliato da un suo spermatozoo che si è unito con un ovulo nell'utero di tua madre. Ricordi che da piccola eri la sua preferita e inventavi sempre dei balletti da fargli quando si sdraiava sul divano del salotto dopo cena." (dai Diari, ed. Adelphi)

Da lì in avanti Sylvia cerca di colmare il vuoto incanalando la disperazione nell'odio verso qualsivoglia figura maschile. Dopo i primi tentativi (falliti) di suicidio, il rimedio all'assenza è quello di trovare un sostituto, il marito Ted Hughes, un nuovo oppressore con cui instaurare un'altra relazione masochistica.

"Ti domandi se la mancanza di un uomo più grande in casa abbia qualcosa a che vedere con la tua intensa brama di compagnia maschile e con il piacere che ti dà il suono basso e riposante delle voci e delle risate di un gruppo di ragazzi. Ti piacerebbe che da piccola ti avessero obbligata a imparare la botanica, la zoologia e le scienze. Ma con la morte di tuo padre ti sei esageratamente orientata verso la personalità «umanistica» di tua madre." (dai Diari, ed. Adelphi)
Immagine da Wikimedia Commons

Ogni donna ama un fascista
Il continuo conflitto tra voglia di indipendenza e crollo nell'impotenza, auto-affermazione e ricaduta nell'infantilismo, rivela come le sia impossibile liberarsi di papà. Da Elettra innamorata di Agamennone, Sylvia diventa la vittima morbosamente sottomessa al proprio carnefice. La violenza dell'abbandono è, nei suoi versi, un mostruoso crimine storico, e la figura del padre viene a coincidere con quella dell'ufficiale nazista, “un uomo in nero con un'aria da Mein Kampf”, fino a che odio e consapevolezza del distacco si congelano nell'ultimo tremendo verso di Daddy:

"Papà, papà, bastardo, è finita."
(Daddy)

Le aspettative verso se stessa, altissime quanto irrealizzabili, non contano più. Il sogno di essere Dio si schianta contro una terribile inadeguatezza, e dal dolore insostenibile la fuga è verso la morte. Poetessa ambiziosa e fragile, Sylvia Plath rappresenta uno dei sacrifici femminili all'arte. Solo la scrittura avrebbe potuto salvarla, invece furono proprio i suoi demoni creativi a trascinarla al centro del suo dolore mostrandole tutta l'impossibilità di estinguerlo.

Sylvia Plath muore suicida l'11 febbraio 1963. In seguito, la sua lapide viene temporaneamente rimossa a causa di atti vandalici da parte di donne per cui la sua eredità rappresentava un'ideologia femminista semplificata. Ora sulla pietra è incisa una frase tratta dal testo indu Bhagavad Gita: Anche tra le alte fiamme si può piantare il loto dorato.


Eleonora Marchetti